domenica 19 ottobre 2008

che cosa (da non-credente) mi dà fastidio nell'ateismo militante.

Soprattutto, la grossolanità dei bersagli.

La negazione aprioristica di un'intera categoria dell'esperienza umana, che in mancanza di un termine migliore definirei “spirituale”.

Dire che “lo spirito non si vede, quindi non esiste” non è un'obiezione probante, perché allora anche un cieco, nato in un paese di ciechi, potrebbe legittimamente sostenere che un oggetto ha forma, durezza, odore, suono, gusto ma sicuramente non colore.

A me non interessa l'esperienza religiosa, in quanto ipostatizzazione di un fenomeno che per me è solo psicologico. O neurologico che dir si voglia. Insomma, una differenza di potenziale elettrico tra conglomerati di neuroni.

Ma non pretendo che la mia spiegazione sia quella vera. Solo, chiedo il diritto di professarla senza essere oggetto del disprezzo altrui, e senza essere accusato di disprezzare chi crede. Ma su questo tornerò più avanti.

Pretendo invece che non vengano usate categorie spirituali per spiegare fenomeni che con la spiritualità non hanno nulla a che vedere. La fisica, ad esempio, o la biologia, o la teoria dell'evoluzione. Ma questo è un altro discorso.


L'attacco alla Chiesa nella sua interezza.

Sono d'accordissimo con l'attacco alla Chiesa come istituzione politica, economica, insomma temporale.

D'altronde, ritengo che l'attacco sarebbe facilmente condivisibile partendo da posizioni non atee, ma semplicemente evangeliche. In “Mission”, il sacerdote indio espone al cardinale la gestione economica della missione, basata sulla condivisione e sulla proprietà collettiva dei beni. Il cardinale ribatte che quella è una dottrina in odore di eresia, e il sacedote indio obietta: “Veramente, eccellenza, è la dottrina dei primi cristiani”.

Ecco, penso che qualunque (vero) cristiano sarebbe d'accordo nel sostenere che ogni discorso di potere è un discorso che contraddice il Vangelo.

Però poi si entra in un campo minato. La Chiesa ha diritto di interferire in politica? No, assolutamente, per le ragioni che ho esposto sopra, e anche perché la politica la fanno i partiti, e non mi risulta che la Chiesa lo sia. Però può dire a chi crede che una certa legge è contraria alla morale cattolica? Certo, rientra nella libertà di opinione.

E qui mi si obietterà: però la Chiesa dispone di una grancassa mediatica di insostenibile potere. È vero. Ma la colpa di chi è? Della Chiesa, o di chi nei media amplifica ogni parola di Ratzinger manco fosse quella del Presidente della Repubblica? Attaccare la Chiesa significa guardare il dito invece della luna.

Altra obiezione frequente: la Chiesa ha molta voce perché ha molti fedeli. Io direi piuttosto che la Chiesa ha molti fedeli perché ha molta voce, e storicamente l'ha sempre avuta perché ha goduto dell'appoggio dei poteri dominanti, o è stata essa stessa il potere dominante. Però qui si rientra nel problema di cui sopra: la Chiesa come soggetto politico, ossia come snaturamento del Vangelo.

Per il resto, la dottrina morale della Chiesa dovrebbe essere un affare interno dei cattolici. E devo dire che su certi punti a volte mi trovo persino d'accordo. Capita, almeno.


Il disprezzo.

Questo è un punto nevralgico, perché qui si giocano molte discussioni tra credenti e non credenti. Gli atei militanti accusano i cattolici di disprezzare chi non crede. E l'accusa è tutt'altro che falsa: ho sentito con le mie orecchie un frate affermare che “Dio è amore, quindi chi non crede rifiuta l'idea stessa dell'amore, non è capace di amare”. Cioè, io non credo, quindi non amo mia figlia, sono un cattivo padre. Cazzate, pure e semplici.

Però è vero anche che ho sentito un noto scienziato, che appare spesso in TV e che mi è persino simpatico, affermare che non tutti sono atei perché “non tutti sono condannati ad essere intelligenti”. Cioè, che chi crede è automaticamente un cretino. Cazzate, anche queste.

Non si può pretendere di essere rispettati come atei se non si rispetta chi crede. E fare il giochino del chi-ha-cominciato-a-disprezzare-chi mi sembra soltanto infantile. Se il disprezzo è sbagliato, comincia tu a non disprezzare gli altri.

Ho conosciuto cattolici (anzi, diciamolo, preti) che erano persone spregevoli, ma questo non mi dà il diritto di disprezzare i cattolici, più di quanto un carabiniere disonesto mi dia il diritto di disprezzare tutti carabinieri.


Insomma, trovo quello dell'ateismo militante un discorso (in senso foucaultiano) altrettanto totalizzante (e, potenzialmente, totalitario) di quello del fondamentalismo religioso.

Liberarsi dalle pastoie dei discorsi, abbattere gli idola. Insomma, essere uomini liberi. Cattolici o atei, non fa differenza.

Nessun commento: