giovedì 14 maggio 2009

recensioni in pillole 14: "Fats Waller"

Igort & Sampayo, "Fats Waller" (Coconino Press, 2004, € 15)

Autori e protagonisti di questo fumetto non avrebbero, come si suol dire, bisogno di presentazioni. Però facciamole lo stesso.
Igort (nome d'arte del cagliaritano Igor Tuveri, classe 1958) è una delle icone della scena fumettistica “alternativa”: esordì nei primi anni Ottanta su riviste come “Frigidaire”, “Alter”, “Metal Hurlant”, e attualmente dirige la Coconino Press, una delle migliori case editrici di fumetto in Italia. Consigliatissima, per chi non lo conosce, la sua graphic novel “Cinque è il numero perfetto” (Coconino Press 1998).
Carlos Sampayo è il genio che, insieme a José Muñoz, creò il personaggio di Alack Sinner e trasformò il fumetto in un flusso di coscienza dove i pensieri di un passante o un dettaglio in un angolo di una vignetta possono essere importanti quanto e più della “storia” o dei “dialoghi”.
Fats Waller, infine, fu uno dei geni assoluti del pianoforte jazz, un virtuoso come ce ne furono pochi (e non solo nel jazz), ma essendo nero venne sempre relegato nella parte del clown, dell'entertainer che faceva ridere il pubblico con la sua stazza, la sua parlantina, la sua mimica facciale e le sue bombette di sghimbescio. Compose un numero spropositato di canzoni, bevve come una spugna, mangiò come una botte, seminò mogli e figli e morì a soli 39 anni in circostanze tragicomiche.
Igort e Sampayo resistono alla tentazione di fare una biografia, genere pernicioso quant'altri mai, e preferiscono montare scene della vita di Waller, dell'ambiente musicale dove si muoveva, delle persone che incontrava, con quelle di altri personaggi che agiscono in varie parti del mondo (l'Italia fascista, la Spagna della guerra civile, l'Austria hitleriana), tutti uniti dal fil rouge della musica di Fats.
Igort adotta uno stile leggero, geometrico, non-naturalistico nella sua semplificazione formale, e colora i disegni con tinte spente e piatte, giocate tra il seppia, il grigio, il bluastro e il rosso pompeiano.
Ne viene fuori una narrazione obliqua, lampeggiante, dall'intensità quasi onirica.

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