giovedì 4 giugno 2009

finestre


Nelle mie passeggiate solitarie per le città, suol destarmi piacevolissime sensazioni e bellissime immagini la vista dell'interno delle stanze che io guardo di sotto dalla strada per le loro finestre aperte. Le quali stanze nulla mi desterebbero se io le guardassi stando dentro. Non è questa un'immagine della vita umana, de' suoi stati, de' beni e diletti suoi?
Giacomo Leopardi, Zibaldone (1° dicembre 1828)

8 commenti:

Navarre Raee ha detto...

A questo punto immagino Leopardi inveire contro la photo iniziale del mio blog...

lillo ha detto...

ma non è il principio alla base dei reality?

sergio pasquandrea ha detto...

beh, il principio dei reality non è sbirciare di passaggio, ma infilarci la testa e tenercela 24 ore su 24...

Navarre Raee ha detto...

Perchè, secondo voi, Leopardi scrive: "Le quali stanze nulla mi desterebbero se io le guardassi stando dentro" ?

sergio pasquandrea ha detto...

Credo sia la sua solita poetica dell'indefinito: una cosa vista chiaramente non è poetica, una cosa intravista o solo immaginata sì (non a caso "L'infinito" parla della siepe che nasconde l'orizzonte e gli permette di "fingere interminati spazi").
Le stanze gli suscitano sensazioni perché le vede di sfuggita, le immagina, mentre a vederle chiaramente sarebbero solo stanze qualunque.

Navarre Raee ha detto...

Esiste una poetica contrapposta a questa poetica dell'indefinito?

sergio pasquandrea ha detto...

Beh, mi viene in mente ad esempio il Paul Valèry di "Monsieur Teste" ("ogni poema che non abbiala precisione esatta della prosa non ha nessun valore").

sgrammaticata ha detto...

che bel testo.
ho cercato di scrivere qualche commmento ma sono proprio una sgrammaticata