domenica 7 giugno 2009

parliamo un po' di jazz

E' da un po' di tempo che in alto a destra, proprio sotto la versione picassiana della mia faccia, compaiono quelle piccole icone con le statistiche del sito. Non le ho messe per farmi bello con il numero di visitatori, ma piuttosto per curiosità, per dare un corpo alle tante presenze invisibili, o alle tante voci immateriali, che frequentano questo sito.
E così, ad esempio, ClustrMaps mi informa dei progressi nella colonizzazione dell'orbe terracqueo (sono messo bene in Europa e in America, sia del Nord sia del Sud, e persino in l'Australia; mi devo impegnare di più con l'Africa e con l'Asia Centrale; curioso, invece, il vuoto in Canada); Shiny Stat mi dà le statistiche delle visite e delle pagine viste (pare che il picco si raggiunga dopo pranzo e dopo cena); eXTReMe Tracking mi permette ricerche incrociate sulla provenienza geografica, il reindirizzamento da altri siti e le keywords di Google che hanno condotto qui i visitatori.
A questo proposito, oltre a una certa quantità di persone che cercavano “belle époque” (che ho trattato solo di straforo) o “poesie Orazio” o “Italo Calvino” (presumibilmente, studenti liceali a caccia di traduzioni già pronte o di tesine prefabbricate) o “poesie della lontananza” (titolo di un post di qualche mese fa), e oltre a quelle interessate a poesie come quella di Soyinka (molto ricercata, a quanto pare) o di Ted Hughes o di Davide Rondoni, mi colpiva la quantità di gente arrivata qui cercando “jazz” o “Umbria Jazz” o roba del genere.
Mi colpiva perché, nonostante quello che avrei pensato all'inizio, mi accorgo di aver parlato poco di jazz, o perlomeno di non averne parlato quanto mi sarei aspettato di fare.
Sarà forse perché il jazz non occupa più nella mia vita il posto centrale che poteva occupare 5 o 10 anni fa (in realtà questo varrebbe anche per molte altre cose, ma sarebbe un discorso lungo), nonostante io lo tratti ormai in maniera professionale – o chissà, forse proprio per questo.
Ma insomma, mettiamo il punto a questo lungo prologo e veniamo al sodo. Parliamo un po' di jazz.

E ne parliamo attraverso un disco che non è il più bello sentito ultimamente, che probabilmente non è nemmeno un capolavoro, ma che è uno di quelli che negli ultimi tempi mi hanno più fatto riflettere.
Si tratta di un disco di Avishai Cohen, intitolato “Aurora”.
L'ho ricevuto dal giornale perché dovevo intervistare Cohen (per chi fosse interessato, l'intervista uscirà fra circa un mese, su “Jazzit” di luglio-agosto, insieme alla recensione del disco). Ma innanzi tutto sarà il caso di spendere due parole sul musicista.
Avishai Cohen è un contrabbassista di origine israeliana (attenzione: c'è un altro jazzista di nome Avishai Cohen, sempre israeliano ma trombettista, che non c'entra niente con questo), ha 39 anni e negli ultimi 10-15 anni si è fatto un nome sulla scena newyorkese. Ha esordito a metà anni Novanta in band di latin jazz, poi è entrato nei gruppi di Chick Corea che lo ha lanciato sui palcoscenici di mezzo mondo, ha collaborato con un mare di gente (Alicia Keys, Bobby McFerrin, Herbie Hancock, Omara Portuondo, Roy Hargrove, eccetera eccetera), ha inciso una decina di dischi a suo nome e ha persino fondato una sua etichetta discografica, la RazDaz.
L'avevo sentito dal vivo a Umbria Jazz sette o otto anni fa, e a dire il vero non mi era piaciuto granché: era un virtuoso, niente da dire, aveva una tecnica strabiliante sia sul contrabbasso sia sul basso elettrico, suonava anche il piano, però nella sua musica c'era un elemento esibizionistico, un “guardate quanto sono bravo”, che mi aveva dato molto fastidio. Per di più, i suoi brani erano tutti inesorabilmente uguali: tutti costruiti su ostinati, ossessivi vamp ritmico-armonici, sui quali si sovrapponevano melodie orientaleggianti; tutti suonati a tutta forza, a tutto volume, a tutta velocità. Insomma, interessante il primo brano, così così il secondo, dal terzo in poi una palla mostruosa.

Ora Cohen esce con questo disco per la Blue Note francese. Nel frattempo è tornato a vivere in Israele e ha sviluppato il nuovo interesse: il canto. Sì, perché sulla maggior parte dei brani di questo disco canta, oltre a suonare contrabbasso o basso elettrico o pianoforte.
Ma, soprattutto, ho trovato un musicista molto diverso da quello che ricordavo. I vamp orientaleggianti ci sono ancora, ma la musica è molto più varia, e soprattutto priva di quegli elementi così insistentemente virtuosistici che mi avevano dato fastidio, anzi le atmosfere sono perlopiù quiete, quasi liriche. L'aroma mediorientale si è fatto più preciso e fragrante, e i brani hanno assunto un andamento aperto, disteso, a volte persino pop.
C'è persino il recupero di temi tout-court folk, ad esempio un paio di canzoni sono in ladino (che non è quello delle valli friulane, ma il cosiddetto "judezmo" o "giudeo-spagnolo", ossia una lingua basata sull'antico spagnolo misto con termini ebraici, che gli ebrei portarono in Nord Africa, Medio Oriente e nei Balcani dopo essere stati scacciati dalla Spagna nel 1492, al termine della Reconquista). Ho già parlato qui di uno di questi brani.
La voce di Cohen, beh, non è proprio uno spettacolo, ma è a suo modo affascinante.
Insomma, un disco molto gradevole, e secondo me anche abbastanza originale. Poco “jazz”, se vogliamo, ma questo per me non è un problema, almeno negli ultimi tempi.

Ecco, proprio questo è l'aspetto che più mi ha fatto riflettere. Negli ultimi tempi, molte delle cose più interessanti che ho sentito non sono “jazz”, nel senso che non sono cose che un purista (come ero io fino ai 20-25 anni) classificherebbe come tali.
Sono cose che stanno un po' ai margini, alla periferia, all'incrocio con altre musiche.
Secondo me è sintomatico.

PS: per i curiosi, su YouTube ci sono disponibili per l'ascolto quasi tutti i brani. Questi sono i relativi link:
Morenika / Interlude in C# Minor / El Hatzipor / Leolam / Winter Song / It's Been So Long / Alon Basela / Still / Shir Preda / Aurora / Alfonsina Y El Mar / Noches Noches-La Luz

7 commenti:

lillo ha detto...

io la trovo una bella cosa... la parola "purismo" mi ha sempre suscitato immagini di un'ascesi ai limiti della povertà... e poi, a saperlo cercare, il bello è dovunque intorno a noi... perchè rinunciarci?

comunque buona domenica sergio!

ah devo dirti che senza le tue traduzioni di orazio questo blog non sarebbe lo stesso, gli mancherebbe qualcosa :-)

Roberto ha detto...

Anch'io ascolto di tutto e spesso le cose che più mi affascinano non sono affatto jazz: penso, in campi differenti, a Philip Glass, Tom Waits, Renè Aubry, la musica klezmer, la musica balcanica, la lirica, la classica...Spesso album jazz tanto attesi si rivelano noiosi, deja-vu nel migliore dei casi. Di Cohen ho sempre pensato le stesse cose che descrivi tu, compreso l'ultimo (ehm....). In fondo gli stessi musicisti jazz ascoltano di tutto, anzi a volte esagerano, visti i troppi album tributo a cantautori e similia, il più delle volte meno interessanti degli originali.

sergio pasquandrea ha detto...

@antonio
Il problema è che gli appassionati di jazz (non tanto i musicisti, che in genere sono molto più aperti) sono spesso di uno snobismo mostruoso. Lo posso dire con cognizione di causa, perché fino a qualche anno fa lo ero anch'io...
Quanto a Orazio, le traduzioni per me sono qualcosa di simile a un dialogo con un vecchio amico.
Buona domenica anche a te.

@roberto
Io invece trovo che l'ultimo di Cohen sia nettamente superiore alla sua produzione precedente, ma si sa, quot capita...
Quanto agli omaggi a cantautori ecc., non potrei essere più d'accordo.

io ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Anonimo ha detto...

ho sentito cohen in concerto una settimana fa, e devo dire che è stato uno dei migliori concerti a cui abbia assistito. era accompagnato da uno straordinario percussionista, da un pianista eccellente e da un chitarrista per fortuna umano.
preferisco 'gently disturbed', ma i pezzi di aurora, non posso negarlo, mi restano in testa.
quanto ai toni orientaleggianti, d'accordo, è pieno, ma del resto lui è israeliano, mica austriaco :)

barbara ha detto...

sono una appassionata ascoltatrice di cohen, mi piacerebbe trovare il test odi ALON BASELA, che lingua è?

sergio pasquandrea ha detto...

E' ebraico.
Su questo link c'è una traduzione del testo, ma non so quanto sia affidabile:
http://www.youtube.com/watch?v=FaluWgSx5Z0