domenica 21 febbraio 2010

recensioni in pillole 54 - "Uno zoo d'inverno"

Jiro Taniguchi, Uno zoo d'inverno, Rizzoli/Lizard 2010 (231 pp., 17 €)

Nonostante io possa vantare una lunga militanza da lettore di fumetti (cominciata praticamente appena imparato a leggere, con Topolino, Geppo e Braccio di Ferro, proseguita con Tex e poi dilagata in maniera incontrollabile), devo confessare la mia profonda ignoranza in fatto di manga.
A malapena arrivo a qualche classico di Otomo, Tetsuka o Miyazaki, integrato da qualche Ken il guerriero scroccato ai compagni di classe durante le inutili e interminabili ore di storia e filosofia (inutili non per via delle materie, ovvio, ma per via dell'idiota che avrebbe dovuto insegnarcele). Ah, già, e un mio compagno d'università era fan de La clinica dell'amore, ma qui mi fermo per motivi di pudicizia...
Insomma, nella mia ignoranza apprezzo molto Jiro Taniguchi. E di certo non è casuale, dato che Taniguchi è, tra tutti i mangaka, quello più vicino al fumetto occidentale e lontano dagli stereotipi dei manga. Tanto per dire: stile realistico, ispirato soprattutto a modelli franco-belgi, niente occhi formato-fanale, niente linee cinetiche, niente esasperazioni grottesche, niente virtuosismi nella composizione delle tavole, eccetera eccetera.
Allo stesso tempo, il modo di narrare di Taniguchi, così lento e posato, ha quel tanto di "giapponesità" che affascina il lettore occidentale sprovveduto come me. Le sue storie sono fatte di quasi-nulla: personaggi che osservano la vita, piccoli fatti quotidiani, ambienti e paesaggi descritti con amorevole minuzia (Taniguchi è capace, letteralmente, di disegnare tutti gli alberi di un bosco foglia per foglia o di soffermarsi su ogni finestra e ogni tegola di un palazzo nello sfondo).


Questo "Lo zoo d'inverno" è una storia fortemente autobiografica. Il protagonista, Hamaguchi, condivide con l'autore molti tratti caratteriali e biografici: all'inizio è un giovane timido e introverso, che lavora come impiegato a Tottori, presso Kyoto; lascia tutto per trasferirsi a Tokyo e tentare la carriera di fumettista; entra come assistente presso lo studio di un famoso disegnatore e pian piano riesce a farsi strada. La storia è ambientata alla fine degli anni Sessanta e ricostruisce con affetto l'atmosfera un po' bohèmienne in cui vivevano i fumettisti di quel periodo.
Alla storia di Hamaguchi si intrecciano tante vicende parallele, tanti personaggi più o meno importanti, ognuno con la sua fisionomia, la sua psicologia, la sua verità.
Un'opera incantevole.

NERD NOTE: come purtroppo succede spesso per i manga, le tavole sono rovesciate per adattarle al senso di lettura occidentale. Questo spiega l'abbondanza di mancini...

2 commenti:

Rizzoli Lizard ha detto...

Belle parole.
Ti rilancio l'articolo su facebook e twitter ;^)

gemma ha detto...

Taniguchi è il mio amore da sempre, i suoi paesaggi immoti sono densi di fremiti, guardando Taniguchi si sente l'universo che ti avvolge, l'aria diventare una cosa unica con il proprio respiro, il disegno è molto occidentale ma le pause, il far parte del tutto, sono assolutamente orientali e propri di questo genio