mercoledì 29 settembre 2010

powerhouse - part 3


A notte fonda suonano l'unico valzer che mai acconsentirebbero a suonare: su richiesta, “Pagan Love Song”. La testa di Powerhouse ciondola e sprofonda come una zavorra tra le spalle ondeggianti. Geme, e le dita gli si trascinano pesantemente sui tasti, indugia sulle note, resta indietro. È una canzone triste.
“Sapete che cosa mi è successo?”, dice Powerhouse.
Valentine fa un mugugno di risposta, sognando sul contrabbasso.
“Ho ricevuto un telegramma, dice che mia moglie è morta”, dice Powerhouse, vagabondando con le dita.
“Uh-huh?”.
La bocca si raccoglie e forma una barbara O mentre le dita salgono su, senza volerlo, per tre ottave.
“Gipsy? Ma com'è successo, non le hai fatto un'interurbana notturna, appena ieri sera?”
“Dice il telegramma... ecco le parole: Tua moglie è morta”. Sovrappone il 4/4 al 3/4.
“Nient'altro che quattro parole?”. Questo è il batterista, un ragazzo malvisto di nome Scoot, scettico e mezzo matto.
Powerhouse scuote le sue enormi guance. “Ma che diavolo stava cercando di fare? Che cosa aveva in mente?”
“Se hai ricevuto un telegramma, con che nome è firmato?”, sputa fuori Scoot con quelle spazzole.
Little Brother, il clarinettista, che non può parlare, li fissa sporgendosi all'indietro.
“Uranus Knockwood è la firma”. Powerhouse alza gli occhi aperti. “Mai sentito parlare di lui?”. Una bolla gli si gonfia sulle labbra come un piatto sul tavolo di portata.
Valentine dà dei lenti colpi con il palmo, grattando le corde con le sue lunghe unghie azzurre. È innamorato del valzer. Powerhouse lo interrompe.
“Non lo conosco. Non so chi è”. Valentine scuote la testa con gli occhi chiusi.
“Dillo di nuovo”.
“Uranus Knockwood”.
“Non è Lenox Avenue”.
“Non è Broadway”.
“Non l'ho mai visto stampato, nemmeno per una corsa di cavalli”.
“Diavolo, è su una stella, ragazzi, vero?”. Schianto sui timpani.
“Che diavolo aveva in mente?” Powerhouse rabbrividisce. “Ditemi, ditemi, ditemi”. Fa delle terzine, e comincia un nuovo chorus. Leva in alto tre dita.
“Hai detto che hai ricevuto un telegramma”. Questo è Valentine, paziente e assonnato, che ricomincia.
Powerhouse è circostanziato. “Già, il tempo di andar fuori, di andare dabbasso per un lungo co-rri-do-io fino al posto in cui ci hanno sistemati: tornavo per il co-rri-do-io: arriva di corsa e mi porge un telegramma: Tua moglie è morta”.
“Gipsy?” Il batterista come un ragno sui suoi tamburi.
“Aaaaaaaaa!” grida Powerhouse, scaglia entrambe le braccia poderose per tre interi movimenti per flettere i muscoli, poi lavora un impasto di note basse. Gli occhi gli brillano. Certe volte suona il pianoforte come una batteria: perché no?
“Gipsy? Quella gran ballerina?”.
“Perché non l'hai saputo direttamente dal tuo agente? Perché non è arrivato dal quartier generale? Che diavolo fai, ricevi telegrammi nel corridoio, firmati nessuno?”.
Ridono tutti. Fine di quel chorus.
“Che ore sono?” chiede Powerhouse. “Che razza di posto è questo? Dove sono il mio orologio e la mia catena?”.
“Ce l'hai appeso”, si lamenta Valentine. “È ancora lì”.
È lì che spenzola sul grosso stomaco di Powerhouse, laggiù dove lui non potrà mai vederlo.
“Sono sicuro di aver sentito un orologio che batteva le dodici un po' di tempo fa. Dev'essere mezzanotte”.
“Facciamo l'intervallo”, dichiara Powerhouse, sollevando il dito dove tiene l'anello con il sigillo.
Porta a termine il chorus. Dal profondo della tasca degli enormi pantaloni fatti su misura del suo smoking, tira fuori un grosso asciugamano di un albergo del Nord e ci butta dentro la fronte.
“Oh, si è andata ad ammazzare!”, dice nascondendo la faccia. “Oh, è andata a saltar giù da quella finestra”. Si alza in piedi, si volta un po', tenendo l'asciugamano sulla testa.
“Ah, ah!”.
“Lo sceicco, lo sceicco!”.
“Non l'avrebbe mai fatto”. Little Broter mette giù il clarinetto come un vaso prezioso, e parla. Sembra ancora una regina indiana, implacabile, divina, e piena di serpenti. “Non devi aspettarti che la gente faccia quel che dice in un'interurbana”.
“Andiamo!” ruggisce Powerhouse. È già alla porta sul retro, l'ha spalancata, e con la faccia furiosa e concentrata annusa la terribile notte.

(... continua)

Nessun commento: