giovedì 10 novembre 2011

cinque poesie di mariangela gualtieri



(da "Bestia di gioia", Einaudi 2010)

Ma l'amore
che fa piovere le gocce e precipita
il più piccolo seme e lo riproduce
nella sua fabbrica di corolle
adesso dorme sotto forma di paesaggio
invernale. Adesso suona come campane.
Adesso è un piccolo cane che mi aspetta
sotto la mia mano.
Adesso è il respiro del cane che sentiamo
e che si chiama Rama.
Adesso come uccello si è posato
sul cipresso, proprio in cima. Poi è volato
in brevi accelerate.
E adesso è qui
nella pace del mattino, nel mio respiro
nella mia mano, come sillabe dell'italiano
esce dalla punta della penna. Oggi restiamo.
Non ci precipitiamo nella corsa distratta
non dobbiamo portare pazienza.
Restiamo, in questo ozio appena
in questa serena attesa di niente.
Adesso Rama è impaziente. Si annoia.
E allora usciamo, per la sua gioia
in corsa nella campagna. Per la mia gioia
che con lei ci guadagna un respiro largo
di bosco.

* * *

Forse si muore oggi - senza morire.
Si spegne il fuoco al centro.
Sanguinano le bandiere. Generale è la resa.
Ciò che nasce ora crescerà in prigionia.
Reggete ancora porte invisibili dell'alleanza
bastioni di sereno. Puntellate il bene
che si sfalda in briciole in cartoni.
Il popolo è disperso. In seno ad ognuno cresce
il debole recinto della paura - la bestia spaventosa.
A chi chiedere aiuto? E' desolato deserto il panorama.
Si faccia avanti chi sa fare il pane.
Si faccia avanti chi sa crescere il grano.
Cominciamo da qui.

* * *

Un mio me
soffre. Chi è? Chi scalcia sul fondo
di questo quieto piroscafo. Giù
nella stiva il passeggero più vivo
batte i suoi colpi.
Chi lo tiene sepolto? E che cosa vuole
questo bastardo bambino che scalcia?
Nel fondo di me, un me soffre -
la sua bandiera stropicciata
non ha nessun vento.
E' murato. Il bambino più vio
murato sul fondo.
Con la sua magra manina
mi stringe il cuore al mattino
un poco stringe e duole.
Che cosa prometto quest'oggi al mio
prigioniero? Con quali parole false
lo tengo zitto per un giorno intero?

* * *

La capra sul fondo di me
non vuole dormire.
Cammina per i miei greppi
solleva quel buio e ne scopre
ancora. Più fondo.

Al centro di me
una bestiola accucciata si sveglia
e respira il silenzio che nel giorno
è mancato. Respira. A suo modo
canta. Resta attonita dentro
cucita nel fasciame buio del sange
rivestita del buio palpitante dei boschi notturni.
Sanguinante. Infante. La parte più viva
sta sveglia e pilota. Solleva il corpo
dal letto. Lo accuccia nella camera accanto
per terra. E canta. Dentro. Una felicità
sconosciuta. Un canto d'eternità
spaventoso e immenso. E' ignota
la sua volontà. Da che strana vita
si erge quel suo stare sveglia
da che lontananza si accende.
Non è bestia nera ma piccola
bestia di luce che sta nella vita
un po' stretta per lei.

* * *

E poi
viene un'ora
col suo sonno.
Cola giù
il viola e le palpebre
hanno una legge di peso
l'ordine superiore
di serrare ogni luce.
Allora - dopo la battaglia
col suo sgambettare
riponiamo i capelli sul cuscino
le mani lateralmente
e un precipizio del corpo
nel poligono del sonno
con sue fiammelle di respiro
e un sostare un sostare
per ristorare tutto
di questo fasciame
fino a che sulle punte
tutto il fiato va e viene
lentamente
in uno stare soli dei dormienti.

Oh! solitudine di chi dorme!
Ti cerco dalle sponde alte
degli insonni.

2 commenti:

amanda ha detto...

in uno dei miei periodi insonni ho amato molto le poesie della sponda degli insonni le trovavo così mie che ci feci anche un post :)

Anonimo ha detto...

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