martedì 4 settembre 2012

curare o uccidere



Imparare un canto sciamanico [...] implica [...] sempre imparare una tecnica particolare, tipica della recitazione, che può andare da un certo modo di "cantare", o modulare la voce in modo diverso da quello della normale conversazione, fino alla manipolazione elaborata di una forma linguistica [...].
Come ha scritto Tonwsley a proposito degli Yaminahua (Amazzonia peruviana):
Imparare a diventare uno sciamano significa imparare a cantare, a intonare gli intensi ritmi dei canti, a tessere accuratamente l'una nell'altra un certo numero di immagini verbali tramandate nell'astruso linguaggio dei canti sciamanici - e a sostenerne la recitazione.
 [...]  Queste tradizioni, come qualunque recitazione rituale, non sono lasciate al caso né dipendono dall'arbitrio individuale: esse sono orientate da un contesto particolare dell'interazione e della comunicazione che è sempre considerato distinto, nei suoi tratti formali quanto nel suo contenuto, dalla comunicazione quotidiana. Per uno sciamano, "cantare" significa naturalmente realizzare una particolare azione: qualunque pretesa, di poter curare o uccidere, dello sciamano amerindiano è fondata sull'idea che, attraverso una specifica trasformazione dell'uso "normale" del linguaggio, usando una "lingua contorta" (Yaminahua) o "suscitando le parole nel modo giusto" (Zuni), egli diventa capace di capire, vedere e nominare le cose del mondo in modo eccezionale.

Carlo Severi, "Il percorso e la voce. Un'antropologia della memoria"
(Einaudi 2004, pp. 190-191)

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