mercoledì 27 marzo 2013

troie



Torno da una due-giorni romana, senza web, giornali e TV; la prima notizia che leggo è che l'assessore Battiato, il cui viso, voce e CV coincidono con quelli di un noto cantante, ha pronunciato, davanti all'Europarlamento, durante un discorso (se ho ben capito) ufficiale, la parola riportata nel titolo.
Tante sarebbero le riflessioni: lo scadimento del costume, il cattivo esempio ai ggiovani, la perdita di quei freni inibitori, di quel senso della dignità, che erano forse l'eredità più positiva di quella che un tempo si chiamava borghesia.
Ovviamente, l'insulto (intendo l'insulto aperto, sdoganato se vogliamo disseppelire un reperto di archeopolitichese) è oramai arma politica già da tempo: almeno dall'inizio del ventennio berlusconiano. E la tradizione - volendo - è antichissima, se già Catullo apostrofava Cesare come "Romulo frocio" (cinaede Romule) e "cazzo moscio" (diffututa mentula).
Negli ultimissimi tempi, però, mi pare abbia raggiunto una nuova dimensione, e per questo va resa grazie a Grillo. L'essenza della Neue Politik grillina è l'asimmetria nell'accesso all'insulto: io ho il diritto di insultarti, tu no.
Il M5S trae la presunzione della propria superiorità dalla pretesa di rappresentare il Popolo, anzi di identificarsi con il Popolo. L'aspettopreoccupante è che proprio questa pretesa è sempre il primo passo verso le dittature: è successo in Francia ne
l 1793-94, in Italia nel Ventennio, in Russia durante lo stalinismo.
Spero non succeda di nuovo.

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