mercoledì 30 luglio 2014

diario toscano - quarto giorno

Martedì 29 luglio 2014 – quarto giorno

Nottata di sogni frenetici, di cui ricordo molti particolari. Infatti*, quando mi sveglio scopro che il tempo è cambiato. Il cielo è grigio e quando esco sento il bisogno di una felpa. Un ticchettio sulla cima dei bungalow si trasforma ben presto in una pioggerella monotona e insistente, che mette a tacere persino l'eterno “uh-UH-uh” dei piccioni.

* Per comprendere questa congiunzione dichiarativa, bisogna sapere che di solito il mio sonno ha una consistenza granitica e quando ne riemergo non ricordo mai nulla dei sogni che ho fatto. Se li ricordo, significa che ho dormito male, e una delle cause può essere un improvviso cambiamento nel tempo, al quale, da bravo meteoropatico, sono estremamente sensibile.

Alla pioggia si aggiunge una notizia triste. È scomparso, a ottantaquattro anni, uno dei pionieri del jazz europeo: Giorgio Gaslini.
Non posso riassumere in poche righe la sua attività, che spazia lungo settant'anni di jazz e di musica contemporanea. Fu, tra l'altro, il primo a insegnare jazz in Conservatorio (poi il corso fu chiuso per eccesso di iscritti; eh, sì...). L'avevo intervistato un paio di mesi fa, per un servizio su Steve Lacy; era stato gentilissimo, di una lucidità e precisione invidiabili. Un vero signore, con tocco di narcisismo da artista, che non guastava. Parlava, come se niente fosse, di cene e chiacchierate con gente come Max Roach, Don Cherry, Cecil Taylor.
Chi non segue il jazz, ma ha almeno un minimo di interesse per il cinema, lo ricorderà ne “La notte” di Antonioni. Tutta l'ultima sequenza del film ha il suo gruppo che suona in scena, dal vivo. L'ultimissima scena è scandita dal suo lacerato “Blues all'alba”.

(Ah, sì, Gaslini ha scritto il temino di “Profondo Rosso”. Che peraltro a Dario Argento non piacque e lo fece rielaborare il stile progressive da quel gruppetto di carneadi. Ovviamente, su tutti i giornali c'è scritto solo quello. Vabbè...).

Pulchra enim sunt ubera quae paululum supereminent et tument modice, nec fluitantia licenter, sed leniter restricta, repressa sed non depressa.*” (Gilberto di Hoyland, XII sec., citato nel “Nome della rosa”)
Questi medievali sì, che se ne intendevano...

* “Belli dunque sono i seni che sporgono un poco e si gonfiano leggermente, e non dondolano a piacere, ma sono un po' trattenuti, contenuti non schiacciati”. (Un vero peana al seno piccolo e sodo, che personalmente sottoscrivo in pieno).

Finito il libro di Tournier. Pausa di meditazione per scegliere il prossimo da leggere.
Finito di riguardare, per documentazione, “Il jazz classico. Gli anni Venti” di Schuller e “Il jazz e l'Africa” di Luigi Onori. Riguardo qualche capitolo della “Storia del jazz” di Zenni. Ho anche attaccato il tomone di “The Music of Black Americans” della Southern, e forse questa è la volta che me lo leggo tutto da cima a fondo.

Bene, nuovo libro scelto. “Léon l'Africain” di Amin Maalouf, pescato su una bancarella dell'usato qualche settimana fa. La biografia semi-romanzata di un personaggio straordinario: al-Hassan ibn Muhammad al-Wazzan al-Fasi, alias Leo Africanus, o Leone l'Africano, o Leone de' Medici. Se non sapete chi è, chiedete a Wiki.

Mattinata di relax. Tra una pausa e l'altra della pioggia i bambini giocano sul piazzale, la mamma sbriga qualche faccenda, il papà studia. Eli fa qualche compitino di inglese per le vacanze.
Dopo pranzo, in uno sprazzo di sereno, passeggiata sulla spiaggia. Il cielo è ancora rimescolato dal temporale. Nuvoloni sfrangiati color grigio scuro occupano un grande semicerchio proprio sopra la spiagga, aprendosi un po' solo verso il largo, in direzione dell'Elba. Il mare è una lastra di metallo grigio e increspato.

Lorenzo vede la sua prima libellula; quasi trasparente tanto è sottile. Ogni volta che le vedo, mi chiedo come facciano a tenersi insieme questi organismi all'apparenza così delicati, i cui corpi sono tanto estesi in lunghezza e tanto poco in larghezza; le paragono alla struttura massiccia dei coleotteri, alle elitre spesse, agli addomi corazzati. Eppure, le libellule sono fra gli esseri più antichi sulla faccia della Terra, praticamente immutate da milioni di anni.

Leggo sulla pagina Facebook del musicologo Stefano Zenni che il TG1 ha avuto la bella idea di celebrare Giorgio Gaslini con un filmato di repertorio. Peccato che a suonare ci fosse non Gaslini, ma Enrico Intra, da lui cordialmente detestato.
Manco da morti si può aver pace...

Lorenzo corre sulla riva del mare, minuscolo con le sue ciabattone e con il suo caschetto di capelli biondi. La spiaggia è stata ripulita dalle onde, ma lui è fiero del tesoro che ha raccolto: due mezzi gusci di tellina, che a casa mostra tutto orgoglioso alla mamma e alla sorella.

“Lorenzo, che fai con quel sasso?”
“Ammazzo una fommica.”
“Ma perché, poveretta?”
“Pecché pottava da mangiare ai tuoi bambini.”
“E adesso?”
“Muoiono pule i bambini.”

Dopo la cena e il rituale salto alla baby-dance (Eli è una ballerina scatenata, Lorenzo invece, nonostante i suoi modi da teppa, è molto restio a stringere amicizie) facciamo appena in tempo a tornare al bungalow. Ci dà la buonanotte la pioggia che ha ripreso a scrosciare.

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