giovedì 21 agosto 2014

avere l'anima e sorridere (una poesia di Juan Gelman)

Maria la servetta

Si chiamava Maria per tutto il tempo dei suoi 17 anni,
era capace d'avere l'anima e sorridere con gli uccellini,
ma l'importante fu che nella valigia le trovarono
un bambino morto di tre giorni avvolto nei giornali di casa.

Che maniere erano quelle di peccare di peccare
dicevano le signore abituate alla discrezione
e sollevavano le ciglia in segno d'orrore
con un breve volo non sprovvisto d'incanto.
I signori meditarono rapidamente sui pericoli
della prostituzione o della mancanza di prostituzione,
ricordavano le loro prodezze con puttanelle diverse
e dicevano severi: macertamentemiacara.

Al commissariato con lei si comportarono con decenza,
la palpeggiarono solo dal sergente in su,
però Maria era impegnata a piangere,
gli uccellini le si sbiadirono sotto la pioggia di lacrime.

C'era tanta gente disgustata con Maria
per come lei impachettava i risultati dell'amore,
e opinavano che la galera le avrebbe restituito la decenza
o almeno francamente l'avrebbe resa meno rozza.

Quella sera le signore e i signori si profumavano con ardore
per il bambino che diceva la verità,
per il bambino che era puro,
per il bambino che era tenero,
per il buono, infine,
per tutti i bambini morti che si caricavano nelle valigie dell'anima
e iniziarono d'improvviso a puzzare
mentre la grande città chiudeva le finestre.

1 commento:

amanda ha detto...

che infinita tristezza