venerdì 24 aprile 2015

pronomi

«Bel modo di curarsi!… a dire: io non ho nulla. Io non ho mai avuto bisogno di nessuno!… io, più i dottori stanno alla larga, e meglio mi sento… Io mi riguardo da me, che son sicura di non sbagliare… Io, io, io!».
E di nuovo si lasciava prendere da un’idea, e levò la voce, rabbiosamente: «Ah! il mondo delle idee! che bel mondo!… ah! l’io, io tra i mandorli in fiore… poi tra le pere, e le Battistine, e il Giuseppe!… l’io, l’io!… Il più lurido di tutti i pronomi!…».
Il dottore sorrise della sfuriata, non capì. Colse tuttavia il destro di volgere un po’ al sereno le parole, se non l’umore e i pensieri.
«… E perché diavolo? Che le hanno fatto di male, i pronomi? Quando uno pensa un qualchecosa deve pur dire: io penso… penso che il sole ci passeggia sulla cucùrbita, da destra a sinistra…». (Nel Sud-America, difatti, e nella Canzone di Legnano).
«… I think; già: but I’m ill of thinking…» mormorò il figlio. «… I pronomi! Sono i pidocchi del pensiero. Quando il pensiero ha i pidocchi, si gratta, come tutti quelli che hanno i pidocchi… e nelle unghie, allora… ci ritrova i pronomi: i pronomi di persona…».
Il dottore sbuzzò a ridere suo malgrado, con metà della bocca: con la guancia di sinistra. Come, anche non volerlo, d’un bimbo si finisce a sorridere: quando nel più infernale de’ suoi capricci, nel delirare dalla rabbia, nel pestare i piedi, tra perle di lacrime e strilli fino alle stelle, rugge «va’ via, butto!» a tutti quanti lo vorrebbero calmare con una carezza: e mette in allegria tutti quanti.
L’aforisma, decifrarlo, macché, nemmeno ci pensò: un problema di scacchi, e maggiore delle sue forze.
[...] Ma già i pidocchi, i pronomi pidocchi, anche questa gli toccava di sentire! lui che per dire «mia moglie» diceva «la mia signora»: in castigliano beninteso: mi señora.
«… Il solo fatto che noi seguitiamo a proclamare… io, tu… con le nostre bocche screanzate… con la nostra avarizia di stitici predestinati alla putrescenza… io, tu… questo solo fatto… io, tu… denuncia la bassezza della comune dialettica… e ne certifica della nostra impotenza a predicar nulla di nulla,… dacché ignoriamo… il soggetto di ogni proposizione possibile…».
«… Quale sarebbe?…».
«… è inutile ch’io lo nòmini invano…».

(C.E. Gadda, "La cognizione del dolore")

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