mercoledì 9 dicembre 2015

escursioni romane (7 dicembre 2015)

La città alle sei del mattino. Notte, strade vuote, lampioni accesi. Persino un po' di nebbiolina.
Ho tutto? Biglietto del treno, libri da leggere, libri da regalare, portafogli, documenti, soldi, bancomat, chiavi della macchina, cellulare, caricabatterie perché non si sa mai, piantina di Roma, agenda.

Riscaldamento troppo forte, sedili troppo stretti. I visceri si comprimono, dormire seduto mi irrigidisce le vertebre cervicali; mi risveglio con un senso di nausea. Allarme: il dolorino, proprio quello per cui mi sono operato, che si ripresenta? O forse è solo la posizione sbagliata? Speriamo bene.

Di fronte ho un sacerdote corpulento, sui quarantacinque-cinquanta, la testa cubica incorniciata da una barbetta sale-e-pepe, ben curata. Mani tozze, con i palmi spessi e il dorso ricoperto di peli corti ma fitti. Si è addormentato con le mani posate sul tavolino, stese, l'una parallela all'altra. Mentre dorme, la croce appesa al collo (di legno, un po' sbreccata sugli spigoli) gli giace orizzontale sulla sporgenza del ventre.

Sull'altra fila, un ragazzo africano, alto e dinoccolato, pelle nerissima, ha posato la testa sulla mano chiusa a pugno, per dormire. Con questo caldo, porta giacca, sciarpa e berretto di lana.

C'è un errore nel biglietto: la data non è quella di oggi, ma quella del giorno in cui ho prenotato il posto. “Ma è valido lo stesso?”, chiedo al controllore. “In un mondo di pace, sì”, risponde, “e io sono un uomo di pace”. (Viva i controllori filosofi).

Ora il ragazzo africano ha cambiato posizione. Ha la testa poggiata sui palmi di entrambe le mani. Di fronte a lui c'è un uomo assorto nel suo iPad, e il ragazzo addormentato sembra supplicarlo in silenzio.

I rami spogli contro il cielo bianco, simili a bronchi. E la macchia scura del nido, proprio in mezzo? Inquietante: un ascesso, un tumore. Meno male gli uccelli posati in cima, sulle diramazioni più sottili.

La gente che si sveglia in treno e chiede: Dove siamo?, preoccupata di non apparire in ansia.

L'EUR. Niente di più triste della modernità passata di moda. Marmo sporco, erbacce. Viale Colombo che si perde all'orizzonte, interminabile. Mi torna in mente Leopardi, quando scriveva che Roma sembra costruita per uomini più grandi del naturale.

Fiera della Piccola e Media Editoria.
Salutare stringere mani teleonare presentarsi leggere poesie regalare libri ricevere libri parlare di amici in comune guardare libri comprare libri conoscere gente sorridere sembrare intelligenti (speriamo). Dire un nome e sondare la faccia dell'interlocutore.
Uno scrittore, in mezzo al viavai, si fa fotografare, con una smorfia che vorrebbe essere un sorriso.
Un uomo addormentato su una panchina, di fronte all'entrata della toilette.

Una coppia di coatti, di fronte a un banco di libri di poesia: “Aoh, aaaanvedi 'a Merini!”.

Il Museo Pigorini: immenso, deserto. Oltre a me, solo una mamma che spiega al pargoletto la scoperta dell'America: “Vedi, questi signori tutti neri non erano come noi, erano indigeni. Gli dovevano spiegare come fare tutte le cose, perché erano selvaggi!”
(“...veddero un fregno buffo co’ la testa / dipinta come fosse un giocarello, / vestito mezzo ignudo, co’ ‘na cresta / tutta formata di penne d’uccello. / Se fermorno. Se fecero coraggio: / - Ah quell’omo! - je fecero, - chi siete? / - Eh - fece, - chi ho da esse’? So’ un servaggio...” - Cesare Pascarella, La scoperta dell'America).

Però Roma mi piace. Nonostante l'incuria, anzi forse proprio per quello. Mi è sempre sembrata il vero confine tra Nord e Sud: l'inizio di casa mia.

Roma Termini. Quel misto di smog, appiccicaticcio e stantio che fa l'odore delle stazioni.
La borsa, leggera la mattina, ora mi tira giù la spalla come fosse un macigno.
Appena raggiungo il sedile del treno, mi piomba addosso tutta la stanchezza della giornata (sono le 17 e io sto in giro dalle 5 di mattina, non-stop). Precipito in un sonno compatto, inscalfibile, dal quale riemergo dopo una quarantina di minuti, rinfrancato.

Casa, finalmente. A letto, leggo le ultime pagine del libro cominciato la mattina (Guido Morselli, Dissipatio H.G., una di quelle letture apocalittiche che, chissà perché, ultimamente sono le uniche cose che riesco a reggere).

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